“Qualcosa mi dice che la biennale di Grafton proseguirà il ciclo di appuntamenti caratterizzati dallo slogan: good intentions. A prevalere la severità, il moralismo e, appunto, le buone intenzioni. Scambiando, come spesso accade, le buone etiche per buone estetiche. E non afferrando che una buona etica per trasformarsi in una buona estetica ha bisogno di una riflessione sulla forma. D’altronde viviamo in un momento di crisi e in questi casi, come ci racconta il Pritzker a Doshi, si ha paura di sbagliare, ci si afferra a vecchie certezze, si proclama che occorre essere buoni, solidali ed ecocompatibili e si evita di indagare, se non per stereotipi e paure, il mondo che ci circonda”.
(Luigi Prestinenza Puglisi – Facebook – 10 marzo, 2018)
Etica ed estetica possono legittimamente convivere.
Per questo abbiamo curato e allestito una mostra di edifici e interventi realizzati con materiali di recupero di cui è stata mantenuta inalterata la forma e la consistenza, superando la tecnica di riciclo che prevede la trasformazione dei prodotti recuperati.
Edifici studiati in ogni dettaglio così da superare l’inesteticità dell’architettura emergenziale e aprire la strada al nuovi processi progettuali che prevedano per qualsiasi prodotto, elemento costruttivo o edificio, un futuro e differente utilizzo in forme e funzioni diverse.
Questi progetti ci dicono che la strada dell’edilizia circolare non solo è aperta da anni ma che non si tratta più di un percorso battuto solo da avanguardie utopistiche.
Ma una mostra sul riciclo non poteva essere che allestita con materiali di riciclo. E quindi cavalletti di cantiere recuperati, manichette antincendio riutilizzate per i fondali, e assi da ponte come piani di appoggio sono gli elementi per realizzare lo spazio espositivo.